In tale occasione abbiamo sottolineato positivamente l’estensione di uno strumento che permette il recupero, in una più ampia area del territorio nazionale, di immobili, che possono essere fatiscenti o abbandonati, e per i quali appare preferibile la demolizione e ricostruzione.
L’agevolazione, che, per consuetudine, è definita come acquisto di “case” antisismiche, ma che in realtà si applica ad “unità immobiliari” antisismiche (come si esprime la norma), e quindi non solo abitazioni ma unità di qualsiasi categoria, quali ad esempio uffici e locali commerciali, presenta delle peculiarità rispetto alle regole generali dei bonus fiscali.
In primo luogo la detrazione è fruita non già da chi esegue l’intervento ma da acquista l’unità antisismica. Inoltre il bonus non è commisurato al numero di unità esistenti prima dell’esecuzione dei lavori ma è potenzialmente applicabile a tutte le unità risultanti alla fine dei lavori e che saranno vendute dall’impresa di costruzione di o ristrutturazione immobiliare entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, ferme restando tutte le altre condizioni (riduzione delle classi di rischio sismico, relativa documentazione, ecc.).
Ne consegue che l’impresa, che esegue i lavori, verosimilmente cercherà di massimizzare il numero di unità che possono essere ottenute dalla demolizione, ad es., di un casolare o di un capannone dismessi.
Inoltre la soglia di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare – soglia non molto elevata, parlando di acquisto di unità abitative in comuni medio / grandi – potrebbe suggerire di realizzare unità di taglio più piccolo, al fine di facilitarne la vendita.
Nel prezzo di acquisto deve ritenersi compresa l’Iva addebitata dall’impresa, se questa non è detraibile per l’acquirente; inoltre, nel caso di acquisto con agevolazioni “prima casa” si applica l’aliquota ridotta.
La detrazione di cui sopra può essere fruita sia da soggetti all’IRPEF sia da soggetti all’IRES, nei limiti di un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare, ripartito in 5 anni. Ipotizzando una detrazione dell’85 per cento (prevista per la riduzione di due classi di rischio sismico) su 96.000 euro di spesa, si ha diritto ad una detrazione di 81.600 euro, pari a 16.320 euro annui; ciò comporta che molti acquirenti potrebbero non avere capienza di imposta, nella propria dichiarazione dei redditi, per poter detrarre tutta la quota annua, con il rischio concreto di perderla, in tutto o in parte.
Per questo motivo è di grande interesse la possibilità di optare, in luogo della detrazione in dichiarazione:
- per la cessione del corrispondente credito alle imprese che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati (sempreché collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione);
- per il contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi.
A tal fine il potenziale acquirente potrebbe informarsi per tempo per sapere se l’impresa cedente sia interessata ad acquistare il suo credito o a riconoscere il contributo sotto forma di sconto, fermo restando il pagamento, da parte dell’acquirente, del residuo prezzo.
Infine, si ricorda, che sia la cessione del credito che lo sconto in fattura debbono essere comunicati all’Agenzia delle Entrate dall’acquirente, a pena di inefficacia della cessione o del contributo, utilizzando i software messi a disposizione dall’agenzia delle entrate o il modello approvato con il recente Provv. 31 luglio 2019, entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di sostenimento delle spese (attenzione: il termine resta quello del 28 febbraio anche nel 2020, anno in cui il mese di febbraio termina il giorno 29). In via transitoria, con riferimento al caso della cessione del credito, relativamente a spese sostenute fino al 31 dicembre 2018, la comunicazione deve essere effettuata dal 16 ottobre al 30 novembre 2019.