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23 novembre 1980 - 2020: 40 anni dal terremoto dell'Irpinia

A 40 anni dal terremoto dell’Irpinia del 1980, il ricordo di questo evento ci invita a trarre insegnamento dal passato e a investire sulla prevenzione sismica.

Pubbl. il 23 novembre 2020 ore 09:58

“Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano.” [ A. Moravia, Ho visto morire il Sud, l'Espresso, il 7 dicembre 1980]
 
Il 23 novembre 1980 un terremoto di magnitudo 6.9 colpì la zona denominata "Irpinia", tra la Campania centrale la Basilicata. Il bilancio fu di 2914 morti, 280 mila sfollati, 9 mila feriti. La scossa fu particolarmente lunga, circa 90 secondi (in realtà si trattò di due o tre scosse molto ravvicinate, originate dalla rottura progressiva di faglie diverse), e interessò un'area di 17 mila chilometri quadrati con 679 comuni. La frattura, originata dall'ipocentro a circa 30 chilometri di profondità, ha raggiunto la superficie generando una scarpata visibile per circa 35 chilometri.

Il patrimonio edilizio era estremamente povero e già fatiscente per i terremoti del 1930 e del 1962; furono rase al suolo 70 mila abitazioni e danneggiate gravemente altre 250 mila. Si generarono anche numerose frane, alcune imponenti che aggiunsero distruzione agli effetti della scossa.

L'entità del dramma iniziò a essere percepita solo dopo giorni, a causa anche dell'interruzione di qualsiasi tipo di comunicazioni. Subito dopo l'evento i primi telegiornali parlarono genericamente di una «scossa di terremoto in Campania»; solo la mattina del 24 novembre, tramite un elicottero, vennero rilevate le reali dimensioni del disastro. Uno dopo l'altro si aggiungevano i nomi dei comuni colpiti, che in totale saranno più di 500; interi nuclei urbani risultavano cancellati, decine e decine di altri erano stati duramente danneggiati.

La gestione dell’emergenza è fallimentare, sia nelle prime ore post sisma sia nella successiva fase della ricostruzione. I primi soccorsi sono caratterizzati dalla totale mancanza di coordinamento: volontari, strutture regionali e autonomie locali si mobilitano spontaneamente senza aver avuto indicazioni e precisi obiettivi operativi dal Ministero dell’Interno. Dopo il caos dei primi giorni, il Governo interviene nominando il Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, che riesce a riorganizzare i soccorsi e a dialogare con i sindaci.

Una considerazione che è giusto fare, a 40 anni da questo terribile evento che ha segnato la memoria collettiva. Quella zona è sismica come lo sono tante zone d'Italia, come lo è tutto il nostro paese, con livelli più o meno alti; negli ultimi 40 anni hanno continuato a esserci terremoti distruttivi con la stessa frequenza degli anni e secoli passati. Dal 1980 è progredita la Protezione Civile, la sismologia, la tecnologia; ma i nostri edifici rimangono per larga parte gli stessi, solo con l'aggiunta di ulteriori 40 anni di acciacchi. Scuole, case, ponti, municipi, uffici postali, ospedali: i muri che probabilmente vediamo e viviamo ogni giorno.

Solo con una feroce consapevolezza di questo, e delle lancette che si rincorrono inesorabili fino al prossimo terremoto, possiamo pensare di trarre insegnamento dal passato e cominciare a investire sulla prevenzione invece che spendere per rimediare al disastro.



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