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SuperSismaBonus, l’importanza di una proroga e di una visione

A volte per cercare di dare una spiegazione al presente è bene voltarsi indietro e guardare il percorso fatto. Il testo unico delle imposte sui redditi (Dpr 917/1986) ci ha fatto conoscere 35 anni fa la possibilità delle detrazioni fiscali legate agli interventi di ristrutturazione edilizia; molti italiani ne hanno fruito, per svariate opere e percentuali di detrazione che ultimamente si sono assestate su 50%. Il difetto principale di questo beneficio fiscale è la sua scadenza annuale, che non consente la pianificazione d’interventi importanti come quelli strutturali efficaci e su grandi complessi.

Pubbl. il 14 maggio 2021 ore 07:40 | Ing. Andrea Barocci, Presidente ISI

In questi 35 anni abbiamo avuto anche terremoti sempre più difficili da affrontare economicamente da parte dello Stato. Nel 2012 ci fu la consapevolezza della scarsità di risorse e di quanto fosse necessario investire prima piuttosto che sperperare dopo; nacque il documento sul Sismabonus e la classificazione. Solo il terremoto del 2016 diede però l’ulteriore spinta (coraggio) alla classe politica per emanare il sismabonus all’interno della legge di bilancio 2017. In sintesi: premialità, detrazioni maggiorate (dal 70 all’80%) e finestra temporale di 5 anni (2017 – 2021) in cui pianificare, progettare e realizzare gli interventi determinanti per la sicurezza dei propri edifici.

Rispetto al bonus ristrutturazione, il sismabonus ha visto salire l’interesse da parte di cittadini e imprese per questa misura vantaggiosa; da parte dello Stato, il vantaggio di una pianificazione e gestione delle risorse in maniera premiale prima degli eventi e non a pioggia dopo.

Il 110% e il motto “tutto gratis” hanno elevato esponenzialmente l’interesse verso gli interventi edilizi, al prezzo di due importanti criticità (non le sole): il titolo edilizio deve essere aperto e chiuso entro un anno e mezzo dall’emanazione del provvedimento e non esiste più la premialità e quindi la possibilità di controllo da parte dello Stato.

Consideriamo adesso una casa singola. Il proprietario chiama il tecnico di fiducia, con il quale condividere intenti e idee progettuali; il tecnico inizia con una richiesta agli atti presso gli enti competenti, poi effettua una progettazione, la condivide con il cliente, scelgono un’impresa esecutrice, effettuano i lavori, chiudono il titolo edilizio. Per interventi estremamente semplici è necessario un anno, arrivare e superare i due anni è cosa da nulla. Il tutto senza contare inconvenienti o singolarità: da un mese a tre mesi mediamente per avere in tempo di Covid gli atti dall’archivio dell’ente competente, presenza della regolarità urbanistica, impresa esecutrice celere, sicura ed efficace, materiali edili velocemente reperibili.

Consideriamo poi un condominio: interventi significativamente più complessi, tempi estremamente più lunghi, necessità di decisioni prese collegialmente, possibilità di imprevisti molto più alta.

Con il Dl 34/2021 e il proclama della finestra temporale “dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021”, oltre a suscitare immenso interesse e aspettative (non solo da parte dei cittadini) si è fatto poco di più: qualche intervento su piccole abitazioni, qualche grosso intervento che era già pronto a partire in precedenza. La consapevolezza di questo porta alla legge di bilancio 2021, che regala ulteriori sei mesi dopo però aver fatto passare i primi sei, con il risultato che ancora chi avrebbe voluto partire non parte per i tempi troppo ridotti.

Occorre inoltre fare i conti con provvedimento complesso, che dovrebbe vedere a braccetto parte tecnica e parte fiscale; trova invece la sua applicazione brancolando tra interpretazioni tecniche che parlano solo di tecnica, pareri fiscali che parlano solo di detrazione, aggiornamenti che correggono cose già dette (senza alcuna considerazione per chi nel frattempo ha iniziato un titolo edilizio), pareri tardivi, moduli errati, asseverazioni ridondanti, difficoltà di allineamento con il Dpr 380/2001 (il testo unico dell’edilizia da cui tutto dovrebbe partire).

La situazione è quantomeno singolare e per tutelare l’investimento dello Stato nell’elargizione dei benefici fiscali si è pensato bene di coinvolgere gli unici soggetti che non sono mai stati interpellati in precedenza, neppure per un parere: i professionisti. Obbligandoli a stipulare una polizza dedicata.

In questi giorni si parla dell’opportunità di prorogare la misura fino al 2023. Tralasciamo il fatto che il tempo per un intervento edilizio è sempre lo stesso, e che quindi più tardi sarà dichiarata la proroga meno cantieri apriranno; tralasciamo che i terremoti arriveranno indipendentemente dalle nostre politiche tecniche e fiscali; tralasciamo che un potenziale immenso di tecnologie antisismiche all’avanguardia è fermo al palo; tralasciamo lo smarrimento di cittadini e tecnici.

Non possiamo assolutamente tralasciare di pensare a una strategia. Cosa ci aspetta dopo il 110%, che sia il 2022 o il 2023? Ci saranno ancora bonus? Se sì, come daranno continuità a chi, coraggiosamente, ha aperto in questo periodo un cantiere e rischia di non arrivare a terminarlo con la conseguente perdita del beneficio? Sarà prevalente l’aspetto tecnico, quello fiscale, o finalmente li faremo camminare assieme?

È necessaria una visione che vada al di là delle finestre politiche, possibilmente ricordandoci come siamo arrivati qui per evitare di ritrovare gli stessi problemi.



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