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Appennino centrale. Una sequenza di oltre 65.000 scosse.

Sono oltre 65.800 gli eventi registrati sull’Appennino centrale dallo scorso 24 agosto 2016 al 30 aprile 2017, articolati su 3 sequenze successive le forti scosse del 24 agosto 2016, del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, a cui possiamo aggiungere gli eventi di magnitudo 5.4 e 5.9 registrati nella serata del 26 ottobre 2016.

Pubbl. il 08 maggio 2017 ore 00:19

 
 
Gli eventi con magnitudo M≥3 sono 1.128, chiaramente avvertiti dalla popolazione, 70 gli eventi con magnitudo M ≥ 4 e ben 9 le scosse di intensità maggiore di 5. 
Non trascurabile il dato relativo agli eventi di magnitudo superiore al 2, attestato a 11.513 al 30 aprile 2017. Si tratta insomma di una delle sequenze sismiche più intense mai registrate, per lo meno per quanto concerne il dato relativo alla sismicità italiana e dell’Appennino nello specifico.
Come si legge dal grafico riportato sotto, relativo all’andamento del numero totale di eventi per Magnitudo 3+ e Magnitudo 4+, l’evoluzione delle sequenza ha subito forti accelerazioni in corrispondenza degli eventi principali del 26/30 ottobre e 18 gennaio; è da notare tuttavia che le 4 forti scosse di magnitudo 5+, registrate il 18 gennaio tra Montereale e Campotosto, pur associate ad un rilascio energetico importante, hanno visto l’incremento di eventi giornaliero riportasi a livelli normali già entro pochi giorni dai main shocks.
 
 
L’andamento di una sequenza sismica dopo un main shock generalmente segue uno sviluppo dettato dalla legge di Omori, per cui all’aumentare della distanza temporale dall’evento principale, espressa in giorni, diminuisce sensibilmente il numero di eventi di magnitudo rilevante ed aumenta il numero di eventi molto bassi e strumentali. 
Seguendo l’andamento dell’intera sequenza, come dal grafico riportato sotto, è possibile in realtà distinguere 2 distribuzioni, una prima sviluppata dal 24 agosto e una seconda innescata dagli eventi del 30 ottobre, rimanendo le forti scosse del 26 ottobre e 18 gennaio apparentemente ininfluenti, ovviamente escludendo i giorni immediatamente successivi, indicativamente 7/10 giorni, rispetto al decadimento delle energie dissipate.
 
 
Lo stesso meccanismo è leggibile sul grafico  che correla per ciascuno dei 65.800 eventi la magnitudo al tempo. Volendo escludere i picchi del 26 ottobre e del 18 gennaio, che non sembrano generare un nuovo sistema, si riconoscono nettamente due sequenze molto intense  in sviluppo. Il dato è estrapolabile anche osservando l’andamento della linea rossa centrale, che interpola i valori della media mobile a 30 giorni. A differenza di quanto avvenuto nei giorni successivi al 30 ottobre infatti, superato il picco giornaliero, riprende l’andamento normale senza variazioni residuali.
 
 
Volendo analizzare l’andamento della Magnitudo massima giornaliera (dato dal valore statistico più che sismologico), si nota come gli eventi successivi al 18 gennaio non influiscono in modo rilevante ne sulle magnitudo massime dei giorni successivi né sulla media mobile a 7 giorni del dato analizzato.
 
 
Interessante è anche l’analisi dell’andamento del posizionamento in profondità degli ipocentri rispetto al tempo.
Come si nota la maggior parte degli eventi si colloca tra gli 8 e gli 11 km di profondità, con non pochi valori relativi a eventi decisamente superficiali, di magnitudo strumentale. 
Eventi più profondi sembrano intensificarsi a ridosso degli eventi principali per poi ridursi notevolmente con la regolarizzazione delle sequenze.  
 
 
Nel grafico sotto si riportano invece le collocazioni degli epicentri rispetto al tempo e alla posizione geografica. Abbiamo scelto la latitudine indicando a destra le principali località interessate.
A valle di ciascun evento principale si assiste ad una distribuzione di epicentri grossomodo posizionata in modo equivalente a nord ed a sud dell’epicentro principale. Gli eventi del 18 gennaio sembrano invece non rispettare il trend, continuando, nei giorni e nelle settimane successive al 18/01, la sequenza sugli epicentri post 30 ottobre con un leggero infittimento a sud, senza interessare le zone poste più a sud Di Montereale, quindi le zone del terremoto aquilano del 2009.
 
 
A tal proposito si è montato un video che evidenzia la sismicità della zona degli ultimi 20 anni, dal terremoto Marche Umbria del 1997 al 2017. E’ davvero interessante notare come gli eventi degli ultimi mesi si collochino andando a chiudere il gap compreso tra le zone interessate nel 1997/98 e il 2009.
 
 
 
 
L’evoluzione della sequenza nei primi mesi del 2017 fino a oggi
 
Come accennato in procedenza, escludendo i giorni successivi al 18 gennaio, la sequenza dell’Appennino centrale, pur con notevole diminuzione del numero di eventi medio giornaliero, continua a far registrare scosse di Magnitudo non trascurabile, accanto a valori costanti per magnitudo basse e strumentali.  Andando a “zoomare” uno dei grafici riportati in precedenza rispetto ai soli valori del 2017, si nota come nelle ultime settimane il numero di eventi di magnitudo superiore al 2 si mantenga pressoché costante tra valori di 5 e 25 eventi giorno.
 

 

Interessante a tal proposito è l’analisi dell’andamento della magnitudo strumentale, inferiore a 2, e il suo evolversi. I valori si attestano comunque attorno a 80/140 eventi giornalieri, quindi tutt’altro che trascurabili, anche se di numero notevolmente inferiore rispetto ai dati registrati nei mesi precedenti e nel 2016, quando le scosse giornaliere variavano da 630, a ridosso dei main shock, a 250.

 

 

Il posizionamento degli epicentri delle ultime settimane è determinato dal grafico in latitudine scalato rispetto al solo 2017. 
Accanto a due eventi importanti di magnitudo 4+ registrati nella zona di Visso lo scorso 27 aprile, negli ultimi giorni si assiste ad una leggera intensificazione dell’attività nella zona di Pizzoli, quindi nell’area frapposta tra gli epicentri del 2009 e del 2016/2017.
 
 
I dati sono in continuo aggiornamento, rimanderemo quindi ad una successiva pubblicazione l’evolversi prossimo delle sequenze.


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